Dott.ssa Teresa Ragusa +(39) 328.4061715
Psicologo Psicoterapeuta – Specialista in Psicoterapia Breve

Il Fallimento

Se le paure presentate nella ruota esistenziale appartengono in particolar modo alla specie umana, quindi presenti in ogni epoca e cultura, la paura del fallimento è più una caratteristica del nostro tempo.

Per effetto della possibilità di cambiare la condizione sociale di provenienza; per effetto dell’emulazione di personaggi veri o inventati dalla televisione, cinema e altre nuove forme di comunicazione; per effetto del miraggio del guadagno facile; ecc., possiamo dire che la paura del fallimento nasce nel momento in cui ci prefiguriamo il successo e si manifesta quando siamo davanti alla soglia.

Potresti ribattere che nel momento della prefigurazione del successo c’è l’entusiasmo di fare, non la paura. Certo, ma cos’è la prefigurazione, se non l’immagine e il desiderio di quel che non hai e non conosci? E, si sa, quel che desideri e non conosci crea tensione. E cos’è la soglia che stai per raggiungere se non un’altra nuova prospettiva? Semmai il punto è: è una sana paura ad accompagnarti o quella che blocca?

Fin qui un brevissimo cenno alla voglia di successo e la paura del fallimento comune rispetto a quel che è la linea di partenza, l’obiettivo, le risorse familiari e personali, senza la pressione esterna di una tendenza storica quale l’efficientismo e l’immagine.

Ecco allora l’utilità di affrontare la paura del fallimento nella nostra epoca, per dare qualche spunto a chi è attanagliato da questa paura, solo umana, troppo umana, perché in natura non esiste; è un fatto.

Banalmente potrei dire: in natura non esiste la paura di fallire, quindi non c’è paura del fallimento quando c’è naturalezza. Ma il sillogismo è subito smontato perché l’umano vive riflesso nelle menti del potere (economico, religioso e delle innovazioni), un gioco di specchi all’infinito che segna le epoche, e la nostra è persa dentro più che mai, anche se nel brillio dell’innovazione tecnologica e presunta democrazia, così assistiamo alla caricatura della posa sicura e naturale beffeggiata dalla maleducazione, le sostanze e il bullismo.

Esempi, questi, della paura del fallimento camuffata dal successo materiale – su un fronte – e dal fallimento che gli impreca contro – sull’altro -, mentre quelli che stanno in cima fanno i comodi loro.

Chi è grande veramente non si atteggia, non ne ha bisogno. Chi è grande veramente, non fa i sui comodi. Chi è grande veramente mette sempre in conto il fallimento perché fa parte del successo.

Oltre a ciò, la paura del fallimento è l’irrigidimento di chi non accetta lo sbaglio perché ha l’abbaglio del successo facile e lo insegue, ma se sapesse quanti fallimenti vi stanno sotto allora si preparerebbe.

Cito senza ricordare l’autore: “Il fallimento è la base del successo; il successo è il luogo nascosto del fallimento”. Bello, vero? Allora fanne il tuo punto di riferimento perché non c’è successo senza fallimento; è un fatto.

Se invece non è l’irrigidimento a provocarti la paura, allora immagino quel che hai dentro che, pressappoco, fa così: Non valgo abbastanza, ti dici segretamente; non rinuncio a stravincere, racconti beffardamente. È il mio riassunto per dirti che stai dissimulando i tremori dell’anima per sentirti al pari o simile ad altri.

Comunque, qualunque sia la tua paura del fallimento e non sei riuscito a sbloccarla, chiedi aiuto.

Veniamo a un altro dato di fatto della paura in questione: ogni età ci regala la paura di fallire, dico “regala” perché è un’occasione per superarla. Come? Accettando la difficoltà, mettendo in conto le cadute, scoprendo “come” sfruttare le risorse possedute.

Al riguardo, nella pinacoteca di Loreto, su una parete lungo la scala, c’è un piccolo quadro che rappresenta la lotta fra la costanza e la fortuna. Sai chi vince? La costanza.

La costanza, direbbe qualcuno non paga, ci vuole fortuna. Sì, un po’ di fortuna non guasta mai, ma pensare di farcela solo con questa è da stolti. Val più la costanza applicata alle proprie risorse e scoprire che ne avevi di sconosciute, o comunque avere la soddisfazione di raccogliere il frutto del seme impiantato o del sentiero battuto.

Quanto ci adoperiamo per riuscire in questo o in quell’altro compito?

Ci impegniamo alacremente e contiamo sull’appoggio di chi può aiutarci. Mettiamo a dormire la fatica e ci svegliamo rilassati; ma c’è chi perde il sonno per evitare il peggio e la digestione è più pesante delle palpebre. Se ti accade questo, forse dovresti fermarti un attimo a riflettere se la fatica è proporzionale o no alle tue risorse e delle persone di cui hai cura.

E sì, ecco un’altra paura del fallimento, quello del genitore.

Sbagli se pensi che ai figli “non bisogna far mancare nulla”, e i professori non devono dire che il figlio non va bene o disturba.

Oppure, sbagli se il sacrificio dei genitori bisogna ricambiarlo impegnandoti oltre misura portando sul volto il pallore della fatica per riconoscerti nel loro: visi pallidi in casa, a scuola e al lavoro. Certo, va peggio al tossicodipendente che si appoggia all’ago o alla polvere per paura di fallire; o all’alcolista che annega le sue paure e queste galleggiano mentre lui affoga.

Il successo è il sentiero battuto con le nostre fatiche, non con gli attacchi di panico, l’insonnia e i bruciori di stomaco, lo percorriamo con la fatica di andare sulla nostra via, non riflessi in chi vuole il nostro bene o pensando all’immagine da difendere.

Ora dirò una cosa che ti potrà sembrare scellerata e, se hai letto fin qui, vuol dire che puoi continuare, quindi tieniti forte.

Uno scampolo di fenomeno che ho osservato nelle separazioni di coppie con figli – con tutto il dolore che comporta – è l’interruzione con la “dinastia” familiare dell’avvocato, magistrato, notaio, ecc.

Molti figli di padri con una condizione socio economica di prestigio, lasciano lo specchio dinastico per camminare sul sentiero battuto con le loro mani. Sono arrivati in quel sentiero anche per la ribellione alla separazione, intanto hanno guadagnato il piacere di seguire la loro passione.

Ogni fenomeno porta con sé della novità, questo è solo un esempio.

L’ultimo fenomeno è Facebook che sull’onda dell’efficientismo e immagine della nostra epoca, mostra la rabbia e la paura del cittadino, il piacere della violenza, ecc., e, su tutte, il desiderio del successo, ma non la paura del fallimento.

Come potrebbe? È una vetrina di successi per lo più presunti, come ogni vetrina mette in mostra la mercanzia e di rimbalzo mostra quel che non ha.

Chi giunge al successo stima gli errori durante il percorso, mentre chi lo vuole e basta non mette fuori la testa bensì la coda; alias: vogliono il successo dell’apparire ad ogni costo. Ed ecco, l’apparenza è la padrona e la sostanza è la serva (riferimento all’uso copioso di aforismi senza la fatica di leggere i libri che li contengono).

Parafrasando la canzone Occidentali’s Karma: il fallimento è démodé, ma la paura che ho dentro la tengo per me.

Fin qui il successo pubblico, ma che dire di quello privato? Lo praticano le persone con disabilità più o meno gravi, per nascita o malattia o incidente.

La costanza è sudore, lacrime e dolore per il successo riabilitativo. Sempre nell’ambito del successo privato, lo praticano alcuni di quelli caduti nello strapiombo del successo facile e vogliono risalire.

Non c’è fine al successo basta imparare come arrivarci con le proprie risorse (complemento della costanza, ma anche della passione e/o motivazione) e la soddisfazione è tua.

Il fallimento - Superare la paura di fallire - Dott.ssa Teresa Ragusa Psicologa Psicoterapeuta Osimo Ancona

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