Dott.ssa Teresa Ragusa +(39) 328.4061715
Psicologo Psicoterapeuta – Specialista in Psicoterapia Breve

L’Abbandono

Che vuol dire paura dell’abbandono?

Vuol dire avere instaurato un legame affettivo e provato il dolore della perdita. Da questo dolore nasce la paura dell’abbandono, ma non è detto che permanga poiché le risorse umane sono plastiche, aperte ad affrontare le difficoltà della vita; lo vedremo in seguito.

Per ora mi limito a distinguere l’abbandono in: permanente e temporaneo.

È permanente nei casi, ad es., di morte o d’adottabilità o altro.

È temporaneo nei casi, ad es., di un’assenza protratta o perdita del “paradiso” per il figlio primogenito o altro.

Dagli esempi è chiaro che alla permanenza e temporaneità si aggiunge l’età in cui avviene il vissuto che può influenzare, in gradi diversi, il modo di percepire se stessi, il mondo e le relazioni affettive, ma questi sviluppi non possono considerarsi gli unici per indicarne la gravità.

Infatti, c’è un fattore peculiare che fa la differenza ed è: com’è affrontato e gestito l’abbandono dagli adulti di riferimento – per ciò che concerne il minore traumatizzato -, o dallo stesso adulto che l’ha subito.

Ovviamente non si esclude che il “traumatizzato” possa essere l’intero sistema familiare e, in questo caso, se non ci sono risorse interne al sistema, le complicanze sono dietro l’angolo.

Invece, nel caso il trauma dell’abbandono riguardi solo il minore (per es. nell’adottabilità o per la nascita del secondo genito), e il trauma subito non è stato adeguatamente compreso per aiutarlo, può accadere che l’abbandono anche se temporaneo può incistarsi come e quanto quello permanente.

Quali gli effetti della paura dell’abbandono?

Gli effetti possono inerire la chiusura nella sfera affettiva, la mistificazione o l’ansia di separazione.

C’è consapevolezza di questa paura?

Dove c’è consapevolezza c’è la capacità di riprendere in mano la vita, di andarle incontro, di accettarne l’imprevedibilità, i mutamenti.

Quando invece non c’è consapevolezza, a volte le persone 1) hanno memoria dell’evento angoscioso ma non è stato elaborato; altre volte 2) non hanno nessun ricordo per l’intervento involontario della rimozione; 3) o perché non avevano ancora l’età per ricordare; altre volte ancora 4) l’evento non c’è affatto e neppure una riferita paura dell’abbandono.

Nel primo caso, l’evento può divenire il life motive che maschera la compensazione ai conflitti emozionali.

Nel secondo caso, la rimozione ha protetto la persona da un dolore altrimenti insopportabile ma le conseguenze danneggiano la qualità della vita oppure le relazioni affettive.

Nel caso della tenerissima età, tutto è nelle mani di chi si prende cura della creatura e del significato che dà all’evento.

Nell’ultimo caso può essere l’effetto di dinamiche relazionali disfunzionali che scavano – per chi subisce la disfunzione relazionale – la sfiducia nei rapporti interpersonali nonostante non abbia vissuto l’evento traumatico dell’abbandono, vale a dire, non c’è nessun apparente evento dell’abbandono ma la persona agisce come se lo avesse subito.

Detto ciò, all’abbandono permanente e temporaneo, causato da un evento, s’inserisce quello non apparente. In tutti i casi, per chi non ha superato il trauma, c’è la percezione di aver subito l’abbandono quindi la paura inconscia che possa verificarsi.

Questa traccia, che è solo tale perché la realtà supera ogni esposizione e teoria, vuole solo significare come la paura dell’abbandono possa agire più a causa di come si sono impiegate le risorse che a causa del trauma in sé.

Attenzione, all’abbandono subito possiamo contrapporre l’abbandono della scelta: dal germanico “a bandon” che vuol dire “in potere “. Con la psicoterapia puoi avere il potere di abbandonare l’abbandono.

Dott.ssa Teresa Ragusa Psicologa Psicoterapeuta Osimo Ancona - Aver paura di essere abbandonati - Vuol dire avere instaurato un legame affettivo e provato il dolore della perdita.

 

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